non ho abbastanza fiato e resistenza

le perdite, la mancanza, la paura, la distanza.

questa seconda (forse terza) ondata di malattia mi tiene piú sospesa. non so come fosse in italia la prima volta, non so come sia stato quel periodo di clausura forzata tra marzo e giugno, ma qui é stato diverso.

durante quei primi mesi, il covid in belgio sembrava un problema di altri. si certo c’era il telelavoro. si certo, dopo un po’ hanno chiuso i ristoranti e i negozi. peró potevi uscire, potevi andare in giro, non c’era l’obbligo di mascherina. non so direbbe, ma il belgio in estate, con il sole alle undici di sera, sembrava sonnecchioso e cauto, non certo una prigione.

a un certo punto peró la musica é cambiata anche qui. la percezione della malattia, del contagio, della difficoltá si é sentita anche da queste parti.

per cui il tracciamento, l’app che ti dice con quanta gente sei stato in contatto, i negozi di nuovo chiusi.

il problema di quando sei isolato a casa e vedi poche persone é che hai inevitabilmente paura di quello che succede fuori di casa.

nel mio caso, io non ho paura per me.

non ho paura di ammalarmi o stare male.

ho paura per gli altri, per quelli fuori.

anche quelli non in belgio, ovviamente. ho paura per mio padre a casa in isolamento, per mia madre che é a contatto con una persona che non puó fare il telelavoro, per mio zio ricoverato perché a volte non puoi seguire il flusso dei positivi e dei negativi, per livia che aspetta un figlio proprio in questo periodo e deve andare sempre in ospedale, per i miei suoceri che stano cercando di evitare contatti con tutti e sono sempre piú soli.

a tutto questo si aggiungono anche la distanza e le regioni a colori, per cui, quasi certamente, non andró a casa a natale.

un mese fa l’app di tracciamento mi ha comunicato un contatto ravvicinato con 3 persone positive. la luce dell’app é passata da verde a rossa. mi sono imposta un isolamento, ho seguito le linee guida e sono stata due settimane a casa.

non che prima uscissi per andare a fare chissá cosa, ma se volevo, potevo uscire.

sono state due lunghissime settimane, due settimane in cui l’idea di non poter uscire e non poter vedere nessuno, mi tormentavano. Restavo sveglia la notte a pensare a cosa avrei fatto se fossi potuta uscire.

mi farebbe sentire meglio se fossi ad avellino? no, e di sicuro nemmeno a genova o a sezze, dove sono i nostri parenti.

quindi aspetto, somatizzo, faccio yoga, ogni tanto mangio cioccolata.

tutta quella razionalitá della prima ondata, tutta quella calma e quella ragionevolezza, non ci sono piú.

ora sguazzo nei problemi da primo mondo e mi chiedo quando potró prendere un aereo, mi angoscio pensando alle cene fuori che non sto facendo, ai brunch mancati, al tempo che passa.

a quelle interviste che avremmo dovuto fare a luglio e siamo a novembre e non é ancora successo niente.

mi lamento.

ora mi mi lamento e quella fredda razionalitá dei primi mesi l’ho nascosta.

sguazzo nel dolore e nell’autocommiserazione perché non potró andare a cena fuori per il nostro anniversario.

non mi sono mai piaciute le maratone.

non ho abbastanza fiato e resistenza.

Vorrei poterti offrire una versione
Almeno un briciolo migliore di me
Ma ormai mi hai in pugno e sai piuttosto bene
Che spesso flirto con la solitudine
Sto tra confini dove innalzo muri
E diffidenze a cui rimango sotto
Poi la mia carica svanisce e cala la lucidità
Vedi da un miglio che ripeto errori
Inconcepibili da fuori

occhiali, again

chi segue questo blog da qualche anno, forse ricorda che nel lontano 2014 ho fatto un’operazione agli occhi per correggere, tra le altre cose, la miopia forte e galoppante che mi aveva fatto avere sempre gli occhiali.

la mia vita, dopo l’operazione agli occhi è stata una vita oggettivamente più semplice da gestire.

Per me gli occhiali non erano un vezzo, erano una necessità. non vedevo a una distanza di venti centimetri e a volte, anche qella distanza mi sembrava troppo poco chiara.

Il gesto più automatico della mia vita era svegliarmi e cercare gli occhiali sul comodino, senza i quali, non sarei stata in grado neanche di capire se lo spazio bianco davanti a me era il muro o la porta (e quindi se si apriva o restava fermo).

Scegliere gli occhiali da sole senza il vincolo dello spessore delle lenti. andare al mare senza pensare di mettere le lenti a contatto per andare in acqua. potersi ubriacare in un modo per cui puoi anche addormentarti, tanto non devi restare sufficientemente lucida da riuscire a infilarti un dito nell’occhio per togliere la lente a contatto e riporla. non dover aver paura della visita dall’oculista. fare le giostre e vedere, senza dover togliere gli occhiali (e non vedere) ma sapere che c’era il rischio di perderli.

ufficialmente da sabato porto di nuovo gli occhiali.

stavolta si tratta di una faccenda molto più irrisoria.

un po’ di astigmatismo che mi fa usare gli occhiali quando leggo, sono al pc o guardo la tv – praticamente tutta la mia vita senza il mangiare o lo yoga.

mi sto riabituando ad avere un peso sul naso.

è strano.

e mi è pesato più di quello che un paio di occhiali da lettura dovrebbe inficiare nella vita di una ragazza.

aria triste e derelitta anche se ho solo messo gli occhiali, mica mi sono usciti 4 denti del giudizio in una notte.

ah si, faccio yoga da settembre. mi ha cambiato la vita.

ah si 2, il 3 marzo traslochiamo, quindi oltre al mangiare o allo yoga questi occhiali non servono nemmeno a traslocare. in compenso serve molto senso dell’umorismo.

il senso dell’umorismo di thor e la nuova spumeggiante me

credo che ci sia una sorta di sadico senso dell’umorismo da parte di thor, dio del tuono, a far venire giù il diluvio proprio il giorno che :

  • mi sveglio con il raffreddore, il naso che cola e la tosse – cosa di cui normalmente non mi lamento, ma
  • devo andare a seguire un allestimento all’aperto
  • in un posto molto bello ma pieno di fango anche quando non piove, pensa adesso…

 

 

una volta ero un tipo divertente.

no, non è vero. divertente no. sono sarcastica, è tutto un altro tipo di divertimento.

una volta ero una ragazza sarcastica con un curioso senso dell’umorismo ereditato e l’ansia di vivere.

ora mi è rimasta solo l’ansia.

 

ho sempre avuto amiche che si lamentavano.

non so se sia mai capitato anche a voi, ma nel mio gruppo di amicizie c’è sempre stata una che “la vita è troppo dura per me” “ce l’hanno tutti con me”.

in anni e anni di frequentazioni, quella era sempre l’amica che mi piaceva di meno.

portata dallo spirito della crocerossina de noaltri ero attirata per i primi sei mesi da queste ragazze nella convinzione che avessero un problema vero e che avessero bisogno di un aiuto.

per poi scoprire, una volta che la cozza si era ben saldata allo scoglio, che il problema era solo nella loro testa.

sono stata ore e ore a parlare con persone convinte che moriremotuttisempre perché lavitaèunamerda e cel’hannotutticonme.

e poi scoprire che non c’era niente. solo fiato ai denti.

 

ho il terrore di diventare così.

una di quelle ragazze senza problemi che si lamentano dei problemi per il gusto di essere assecondate.

una di quelle che quando ti viene raccontato un incidente a te è andata sempre peggio.

una di quelle che hanno bisogno di essere salvate.

 

quindi oggi prometto a me stessa di tornare a essere la tipa divertente che volevo divertente.

daje.

 

la scelta musicale è evidentemente dettata dalla giornata che ho davanti e da un inequivocabile ritorno a Will&Grace.