una riflessione lunga alle 4 di notte di fine agosto

per esempio,

mi hanno insegnato che grasso é male e magro é bene.

vivo da tutta la mia vita questa forte dicotomia per cui se sei magra sei bella e in salute e va tutto bene, mentre se sei grasso é male, sei brutta, rovini il tuo corpo e ti devo giudicare.

é chiaro peró che alcuni estremi fanno parte della cultura in cui viviamo e non di assoluti scientifici che sono validi per tutti.

sono stata una bambina e un’adolescente normo peso. Non é mai capitato che qualcuno giudicasse le quantitá di cibo che avevo nel piatto o come mi rapportassi con l’alimentazione. Cioconostante, mi sentivo grassa.

A 13 anni ho visto una pubblicitá che ti faceva fare un test per vedere se avevi la cellulite passando una mano su una coscia. Scoprii cosi di avere la cellulite e che quest’ultima era una malattia.

Kate Moss era il riferimento totale di bellezza quando io ero un’adolescente. Le taglie 36 e 38 erano la nuova normalitá, erano la magrezza, erano la cosa a cui dovevamo aspirare tutte. Io ero una 42.

A 16 anni pesavo 58 chili e sono alta 168 cm. Mentivo apertamente agli altri togliendomi tra i 5 e gli 8 chili perché intorno a me era pieno di ragazzine di 50 chili.

Non era importante quanto fossi alta o che forma aveva il tuo corpo o se avevi le chiappe e il seno. Dovevi pesare 50 chili.

Personalmente oggi, guardando indetro, trovo spaventonoso che nessuno dei genitori dei miei compagni di classe al liceo, o del corpo docente, parlasse del fatto che nella mia classe ci fossero 5 ragazze disturbi alimentari conclamati su 20 ragazze.

Dicevano, é dimagrita, quanto sta bene.

Magra= bella.

Mia madre per anni ha raccontato di come fossi stata bella al ritorno dal mio primo viaggio studio in Regno Unito perché, meno curiosa sul cibo di come sono oggi, fossi rimasta un po’ disgustata dalle proposte gastronomiche e avessi perso 6 chili in due settimane. Per anni ha detto “come eri bella cosi magra”.

A partire dai 19 anni ho iniziato ad avere problemi con il peso del mio corpo.

A un certo punto, vuoi il metabolismo che ha ceduto prima di altre, vuoi che non venivo da una cultura sportiva, vuoi il cambio di abitudini alimentari da Avellino a Roma, vuoi la genetica, ho iniziato a prendere peso.

All’inizio non ci feci caso, perché ingrasso tutta insieme.

La prima volta che me ne sono accorta é stato al secondo anno di universitá quando ho visto un 7 davanti al mio peso sulla bilancia ed ero passata dall 42 alla 44.

E mi ero pesata perché mio padre aveva detto “certo che ti sei proprio ingrassata da un po’ di tempo a questa parte”.

Grasso = brutto

Vorrei poter dire che amavo il mio corpo per quello che era, che me ne sono presa cura. Non é cosi.

Negli ultimi 15 anni non ho fatto altro che odiare il mio corpo e combattere la sua forma.

Ho alternato fasi in cui mi sono lasciata andare, in cui mi trovavo disgustosa, in cui sognavo di svegliarmi magra come prima e pensavo solo a quello, in cui sono ingrassata fino ad avere un 9 davanti al mio peso, a fasi in cui lo sport, la dieta, la terapia nutrizionale, il controllo.

Quando prendo il controllo e sto a dieta per mesi, davanti il mio peso c’é un 6. Non sono mai piú tornata a quei 58 chili. Vorrei poter dire che non mi fa nessun effetto, ma non é vero.

Come tutti sapete, dal 2017 vivo a Bruxelles. In questi 4 anni quasi tutti i miei parenti si sono sentiti in dovere di commentare i miei sbalzi di peso ogni volta che mi vedevano.

Molte persone adulte della mia famiglia che non vedevo dal mio matrimonio e intanto erano passati anni e io mi ero trasferita in un altro stato, avevo cambiato lavoro, carriera e vita, si sono sentiti in dovere come primissima cosa di dire “come sei ingrassata” o nella versione politically correct “sei proprio diventata giunonica”.

Nessuno mi ha chiesto se mi sentivo realizzata, se ero felice, se stavo bene. Perché grasso é male e non é socialmente accettato, quindi devo giudicare.

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Per esempio,

mi hanno insegnato che una ragazza deve essere sobria, moderata nei modi. Mi hanno detto che se avevo rispetto per me stessa e rispettavo il mio corpo dovevo fare bene le mie scelte, non mostrarmi a tutti, non svendermi a chiunque.

Nonostante io venga da una famiglia meridionale, mi sono sempre considerata libera e privilegiata perché ho avuto la possibilitá di fare le mie scelte da sola. Vorrei poter dire di non essere mai caduta in quello sgradevole tranello che é il giudizio nei confronti delle altre donne in base al loro aspetto, al loro vestiario, al loro comportamento, ai loro fidanzati.

Purtroppo non é cosi.

Ho giudicato, ho commentato, ho postulato.

Mi hanno detto che la verginitá é un valore. Non necessariamente in quanto credo religioso, ma in quanto conservazione del proprio corpo. In quanto valore aggiunto perché ti rispetti solo se non la dai a chiunque.

Io peró avevo delle pulsioni, avevo dei sentimenti, avevo delle curiositá.

Dovevo reprimerle perché non ero pronta, non era normale, non ne potevo parlare. Il sesso te lo tieni per te. E’ una cosa privata con un’etichetta.

E se io avessi voluto darla a chiunque perché mi piaceva? Se io fossi stata cosi spregiudicata, coraggiosa, fiduciosa in me stessa da liberare il mio corpo per scoprire cosa mi piaceva?

La veritá é che nonostante dal punto di vista scientifico sapessi tutto sul sesso e fossi arrivata all’argomento piú che preparata, sono passati anni prima che scoprissi cosa mi piaceva.

Sono passata anni prima che superassi la schizofrenia nella comunicazione per cui una donna non parla di sesso perché non si fa.

Non lo sapevo che potevo sperimentare, provare, parlare, giocare. Questo é, questo ti tieni.

Devi essere discreta e pudica.

Pudica = buona.

Curiosa = cattiva

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Per esempio,

sono cresciuta con il mito della famiglia e in quanto donna, della maternitá.

Cresci, studi, ti laurei, ti sposi e fai un figlio. Se sei una donna e non hai figli non sei completa. Se non fai un figlio non sei una donna vera.

Io peró avevo delle idee un po’ diverse su quello che significa avere una famiglia e essere una famiglia.

Per esempio ho sempre creduto che una donna non fosse realizzata in quanto madre, come se una gravidanza chiudesse il cerchio, ma che anzi, prima di diventare madre e di impegnare la propria vita nella cura di qualcun’altro oltre che di se stessi, una donna dovesse essere realizzata. Quel cerchio dovesse essere giá fatto. Non era importante se eri realizzata come astronauta o come casalinga, se eri laureata o con la licenza media, ma il cerchio doveva essere giá pronto.

Per questo motivo non ho capito perché una volta sposata l’argomento di discussione sia diventato “quando fai un figlio?”.

Ricordo di essere tornata al lavoro dal viaggio di nozze e buona parte dei colleghi si é sentita in dovere di chiedermi se fossi giá incinta.

All’improvviso parlare di sesso era lecito.

Certo, alcuni di loro mi hanno anche chiaramente detto che non potevo rimanere incinta fino al 2018 quando finiva il contratto della gara che avevamo vinto con P, ma questa é un’altra storia.

A partire dal mio matrimonio sembrava che fossero tutti in attesa di un annuncio di gravidanza. La domanda che mi é stata rivolta piú spesso é stata: quando lo fai un bambino?

A essere sincera, in questi 5 anni di matrimonio, anche io sono passata attraverso fasi un po’ schizofreniche in cui mi dicevo “quando lo voglio fare un bambino?”. Era legittimo. Anche perché non avevo escluso la possibilitá di avere una famiglia con dei figli.

Ci ho messo tempo a realizzare che io una famiglia con dei figli la volevo, ma che avevo in mente una cosa diversa. E che andava bene anche cosi.

A settembre 2019 io e marito abbiamo introdotto la pratica per una domanda di adozione.

Vorrei poter dire che da allora io non mi sia mai piú chiesta se ero normale perché volevo una famiglia in questo modo.

Vorrei poter dire che le persone a cui l’ho detto, mi abbiano tutte fatto le congratulazioni, come si fa quando dici di essere incinta. Quello che é successo piú spesso invece, é che mi sia stato chiesto se avessi dei problemi di fertilitá oppure perché, in senso assoluto.

Vorrei poter dire che il corpo é mio e lo gestisco io. Invece una quantitá spropositata di amici, conoscenti e parenti si é sentita in dovere di commentare le scelte che facevo con il mio corpo. Le scelte che io e mio marito prendevamo su come volevamo formare la nostra famiglia.

Ho scoperto che secondo alcuni, se non é coinvolta la mia vagina non saró una vera madre. Ho scoperto che se dici di essere incinta é una cosa da festeggiare, ma se dici che stai facendo un’adozione e che per te é la scelta numero 1, non di ripiego, allora non sei normale.

Vagina, biologia = bene

Gravidanza = madre vera

Adozione = piano b

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Trovo molto bello il modo in cui le nuove generazioni stiano rompendo alcuni dei dogmi in cui sono cresciuta io.

Trovo salvifico il modo in cui oggi si parli di body positivity, il modo in cui stiamo smettendo di credere che esistano taglie giuste.

Trovo rivoluzionario che si sia aperto un dibattiito sereno sulla sessualitá, come di uno spettro e non come di un’etichetta, e che finalmente una donna puó sperimentare con uomini, donne, con tutt* e nessuno e vada bene cosi.

Trovo sorprendente che oggi si smetta di dire che una famiglia é una sola con madre padre figlio maschio figlia femmina.

Spero di avere la forza e la saggezza di raccontare ai figli che verranno una storia diversa, senza cadere nello stigma, senza cadere nel luogo comune, senza cadere nel giudizio a senso unico.

Spero di diventare una donna migliore, soprattutto per me.

You can’t always get what you want
But if you try sometime you find
You get what you need

Bye, Charlie.

le cose belle

i matrimoni sono una cosa complicata

bisogna prima di tutto, trovare qualcuno

e non basta trovarlo. bisogna che con quel qualcuno ci si capisca, si condividano valori, idee, stati dell’animo ed emozioni

io ho sempre creduto piú a “chi si assomiglia si piglia” che a “gli opposti si attraggono”

perché magari gli opposti ti fanno pure venire le farfalle nello stomaco ma se non ci condividi gli stessi valori, le farfalle muoiono

di certo non credo che siamo tutti uguali, a volte le nostre differenze aiutano a compensare le nostre debolezze, ma credo che in fondo, ci debba essere una condivisione di base.

a volte troviamo qualcuno e ci accorgiamo che abbiamo sbagliato

e se ne abbiamo la forza, dopo aver raccolto i pezzi ed esserci ricuciti, ci rimettiamo a cercare

perché alcuni di noi si aprono all’amore

altri non hanno bisogno di niente e nessuno e bastano a loro stessi

altri ancora cercano, ma non si aprono piú come prima, si limitano a riscaldare il letto

intendiamoci, io sono favorevole al letto caldo, ma non parlo di quello

sabato sono stata al matrimonio di due persone che si sono trovate, ed é stato bello

non sono perché una delle due era la mia mamma

ma perché profondamente credo nell’importanza di aprirsi all’amore, nell’avere sguardo comune e possibilitá di guardare le cose da un nuovo punto di vista.

sono contenta quando le cose belle succedono

pienezze del 2020

il mio 2020 è già diventato pieno di cose.

ed è li da soli 22 giorni. ci sono degli anni che sono cosi. cose incredibili che succedono tutte insieme e altre che invece ci mettono una vita a succedere.

In questo 2020 :

  • sono stata cinque giorni a Berlino, e come sempre, mi è piaciuta tantissimo. la scelta di un capodanno tranquillo tra me e Tofu, ma in una città stimolante e piena di cose da fare/vedere/vivere, è stata la scelta giusta.Soprattutto mi è piaciuto un sacco viaggiare in treno. Da quando sono a Bruxelles, apprezzo sempre di più la centralità geografica di questa assurda capitale europea.
  • ho organizzato le audizioni per una futura compagnia artistica e mi sono anche divertita. certo, è stato stressante, certo, lavorare con gli artisti richiede moltissima pazienza e una certa dose di umorismo. tutto vero, tutto giusto. Pero’ mi è piaciuto stare in mezzo a questa energia positiva, con questi ragazzi pieni di voglia di fare. Ho gioito dei loro successi e ci sono rimasta male a ogni mail di rifiuto. Pero’ è stato bello.
  • Sono stata con la mia mamma per un’intera settimana. Ogni volta che tornavo a casa lei c’era. Abbiamo festeggiato il suo compleanno, siamo andate in giro per mostre e per negozi, abbiamo mangiato moltissimo e fatto cose belle. In fondo, le mamme servono anche a questo: portarti in giro per farti vedere le cose da un’altra prospettiva.
  • sono stata a una due giorni di riunione di metà anno. Il che ha significato spostare 16 adulti in un casolare sperso in campagna per ben due giorni. Senza internet, senza rete telefonica. Solo io, i circensi e i nostri obiettivi strategici per il 2020.
  • sono già stata a due riunioni di una cosa troppo bella e troppo emozionante di cui pero’ ancora non vi dico niente perché il traguardo è ancora lungo.
  • sono stata da un’oculista gentile che mi ha visitato e mi ha prescritto gli occhiali da “lettura”. Magari voi eravate bambini normali e avevate paura del dentista. Io avevo paura dell’oculista, e la mia storia clinica di laser alla retina, di miopia galoppante, di “forse quest’anno ti operiamo” e poi finalmente mi operano nel 2014, ha fatto in modo che avessi sempre un po’ paura del medico degli occhi. La mia oculista belga pero’ è un donnine di origine congolese dal sorriso gentile e le mani ferme. Mi ha visitata, ha ascoltato la mia storia degli occhi e poi mi ha prescritto degli occhiali per il ritorno dell’astigmatismo. Sorridendo tutto il tempo, non me la sono nemmeno presa.
  • abbiamo trovato un’altra casa e ci trasferiamo in un altro quartiere. Questa forse è la cosa in proiezione più impegnativa (odio i traslochi) ma potenzialmente più bella che mi aspetta nel brevissimo periodo. Io, marito, i due cincilla e la nostra collezione di ciancianielli* ci trasferiremo in una casa con tante scale e tante finestre in un quartiere pieno di vita. In un momento da definire tra marzo e aprile.

*cianfrusaglie, chincaglierie. Tra l’altro, la parola chincaglieria, deriva dal francese quincallerie, ferramenta. da quando ho scoperto questa cosa, è diventata una delle mia parole preferite in francese, anche se nella mia top tre ci sono:

cacahuète : arachidi

tartinable : letteralmente è spalmabile, tipo la nutella o il burro morbido

évidemment : uguale a of course. pero’ mi diverto molto di più a dirlo.

buon 2020, sempre.

Ho imparato sempre a mie spese come va il mondo
Certe volte devo mettere i confini a chi mi gira attorno

È la folle idea che il dolore sia quasi un mio comfort
È un banale cliché
Potrei dire che non mi è mai importato di arrivare primo
La gente percepisce come una minaccia
Quello che non l’è vicino
Più condivido i limiti che sfido
E più a qualcuno do fastidio
Chissà in che piaga gli ho infilato il dito
Potrei restare in silenzio il resto del tempo, potrei

anno scolastico nuovo

C’è qualcosa di perverso nell’andare in vacanza, tornare al lavoro, farsi il culo per tre settimane, partire di nuovo e poi ricominciare.

Sono tornata da Capo Verde, anche l’ultima vacanza dell’estate è fatta.

Ho già comprato biglietti per almeno un altro paio di viaggi da qui a capodanno, perché se no, mi viene l’ansia.

come sempre per me settembre rappresenta la ripresa delle attività, e quest’anno più di altre volte, settembre ricomincia con una rinascita.

Nuovo contratto con nuovo orario, nuova scrivania, ricerca di un nuovo appartamento, programmazione di nuove attività: abbonamento alla stagione teatrale, classe di yoga, corso di olandese, forse anche corso di cucito. Sto programmando almeno altri tre tatuaggi (anche se molto più piccoli e discreti dei precedenti).

La vacanza a Capo Verde probabilmente mi serviva anche a questo.

Fermarmi, fare assolutamente nulla (a parte quando ho nuotato con gli squali) e capire di che cosa ho bisogno l’anno scolastico che sta iniziando.

squalo limone

Sicuramente ho bisogno di avere delle cose da fare oltre il lavoro, ma devo avere anche abbastanza tempo libero per migliorare questa cazzo di integrazione con i circensi ma devo anche cercare di conoscere altre persone.

voglio continuare a ad andare in giro per l’Europa e per il mondo.

devo fare un viaggio con mia madre su a nord e uno con mio padre li a ovest.

ci saranno matrimoni, bambini e cose assolutamente impegnative.

sarà un anno con molte cose nuove, che in fondo pero’, non so se siano novità.

un anno per chi continua a contare gli anni come a scuola e non con il sole.

proverbi antichi e mariti

cercate qualcuno che vi guardi come marito guarda i monopattini elettrici o le bici con il cascione, e allora si che sarete fortunat*.

(antico proverbio)

mio marito non segue il calcio, non è un tifoso di nessuna disciplina, non ama le manifestazioni piene di gente.

coltiva in segreto la sua passione per la formula uno, ma non fa parte di quegli intolleranti per cui si annullano i pomeriggi perché deve guardare le macchinine. tra l’altro, gli piace la formula uno e tifa Ferrari, ma non capisce un cazzo di automobili e nemmeno gli importa. le trasferte oltreoceano le gestisce silenziosamente con sveglie all’alba e auricolari.

non guarda le “altre” donne perché in fondo è un uomo distratto e anche un naif. i culi, di solito, glieli faccio notare io.

gli piace costruire cose e riparare gli oggetti, spippolare con il cellulare e leggere. ha un universo interiore enorme fatto di avventure ottocentesche, codici informatici e viaggi da fare. più di tutto, marito è un pantofolaio, gli piace la tranquillità e organizzare cose, cosi abbiamo tutto sempre sotto controllo.

fa le pulizie perché si rilassa e cosi ha creato un precedente per cui io, a casa, non faccio un cazzo. marito è un santo.

ma nell’ombra dell’uomo pacato e ragionevole, si nascondono le perversioni vere e sincere: la trottinette élettrique e le bici con il cascione.

ogni volta che passa una bici con cassa lui si gira a guardarla con occhi brillanti carichi di desiderio. ogni volta (e in questo periodo sono tantissimi a Bruxelles) che un nuovo sharing di monopattini è in città, lui deve averlo, provarlo, giocarci.

marito è un uomo parco e ragionevole, ma ogni volta che sale su un monopattino, e ogni scusa è buona per noleggiare uno, sfreccia sulle strade brussellesi in piedi su questi giocattoli per adulti con il vento tra i capelli e il “frrrrr” del motore elettrico, e in un attimo torna un ragazzino.

marito è un uomo parco e ragionevole, ma ogni volta che incrociamo una bici con cassa gli occhi si spalancano e il collo si gira per seguire questa meraviglia della tecnica con rimorchio. non mi è chiaro perché le brami, ma lo fa, nel modo religioso e attento che lo contraddistingue sono sicura che da qualche parte, conservi un foglio excel con la top three e le spese eventuali di mantenimento e acquisto.

in fondo, considerando che si è accollato per l’eternità una spaccamaroni pigra e lamentosa, con il pallino per i k-drama e le serie per adolescenti, io ho avuto molta più fortuna.

ah, ho fatto un altro tatuaggio, il famoso ibisco.

pero’ ho aggiunto degli amici a tenergli compagnia.

Ciao Nonna, Ciao Marta, Ciao Rosa

Divisi dall’ubriachezza

Si può quasi dire che fino a ieri sera, io non mi fossi mai resa conto della differenza sostanziale di “formazione” e “scuola di vita vera” che c’è tra me e Marito.

Ovviamente abbiamo un mucchio di cose in comune, condividano i valori, crediamo nelle stesse cose, ma si può dire che la nostra formazione sia stata molto diversa.

Non è diversa per educazione e cultura scolastico/universitaria, perché manco a dirlo, anche l’università è stata la stessa.

Ma, con una certa dose di pratica “università della vita”, possiamo stabilire che io sono cresciuta nelle associazioni studentesche, nei centri sociali e nei partiti e lui in mezzo a tutto un altro tipo di gruppi.

Non è mai stato rilevante, non me ne ero nemmeno mai resa conto.

Poi, ieri, quando un suo amico si è ubriacato come la merda ho colto la differenza di formazione.

Vorrei poter dire che i luoghi comuni su una parte dei frequentatori delle associazioni giovanili, i partiti e i centri sociali siano solo calunnie.

Le calunnie per cui questi posti sono frequentati da giovani fatti, ubriachi e molesti.

Non erano proprio tutte calunnie, diciamo.

Forse era colpa della piccola città di provincia.

Della noia.

Della pioggia.

Per cui ho visto molto giovani ubriachi e molesti, potrei dire che sono “abituata”.

Marito invece è stato colto dal panico per un amico ubriaco, molesto, vomitante e lamentoso.

Vorrei poter dire che la mia conoscenza di fatti alcolici derivi da studi medici e professionalizzanti.

Invece no, deriva solo da svariati adolescenti ubriachi con cui ho condiviso passi, lotte e sabato sera.

Quando mi ha raccontato i sintomi della molesta ubriacatura, io non mi sono preoccupata, mi sembrava solo una molesta ubriacatura. Lui invece, non lo aveva mai visto così.

Allora io ho pensato a un amico disidratato ubriaco e molesto che cercava di bere la propria pipì, o a quello che parlava con il muro, o ancora a quello così fuori di testa che è svenuto sotto la doccia e ha rischiato di annegare.

Annegare, perché non sentiva la doccia.

Quindi sì, la differenza principale tra me e mio marito è arrivata ieri.

Io me la facevo con un mucchio di ubriaconi.

Per il resto, siamo uguali.

Associazioni di parole

Think tank.

È il contenitore di idee con cui ho iniziato a collaborare dall’inizio del mese. Praticamente passo le mattine a stare dietro a un uomo molto indaffarato, cercando di organizzare eventi, raccogliere idee, salvare il mondo. O almeno così dice lui. Più che altro lui si agita e io cerco di organizzargli il cervello dando delle priorità. Una roba a metà tra la psicologa e la Project manager.

Part time

Una condizione che non mi aspettavo, che non cerco e che in un’altra vita avrei agognato. Ora no.

Bambini

Non i miei, su questo non ho dubbi, ma di due napoletani a Bruxelles, che hanno messo un annuncio a cui ho risposto. Sono la baby-sitter di due mocciosetti due pomeriggi a settimana. Un lavoro tra filastrocche bilingue e bagnetti. Non ho idea di come sia finita a fare questa cosa, i bambini continuano a terrorizzarmi e mi stanno pure un po’ antipatici. Però ho scoperto di essere brava, i genitori mi adorano e, ogni tanto, mi diverto pure. Così sto impegnata altro tempo, e se sto impegnata non mi deprimo.

PS: io no, ma qualcuno molto vicino a me è in attesa, e io potrei impazzire grandemente e trasformarmi in una di quelle zie matte che regalano pony.

Studiare Francese

Quando non ho le mattine al think tank, non faccio la baby sitter o il part time, studio francese. Le scuole di lingue private erano il mio pallino anche quando ero molto giovane. Fondamentalmente sono una secchiona dentro, quindi studio, faccio i compiti e passo gli esami. Il voto mi galvanizza e aumentare di livello mi fa sentire come un Pokémon. Uno di quelli fichi e cazzuti. Tipo questo.

Colloqui

Non avevo idea che sarei arrivata a questo punto con tutti questi colloqui sulle spalle. Se un anno fa, ci avessi scomesso, i numeri sarebbero stati diversi. Ma ho imparato molte cose, su di me e sul mercato del lavoro qui. La più importante è che non sono esattamente stocazzo. Questo non vuol dire che io sia una scema o non sia brava o altro. Significa solo che là fuori è pieno di stocazzi che sono più brillanti, più giovani, più skilled. Me ne sono fatta una ragione, ma, ciononostante, continuo a mettermi alla prova, a sfidarmi con gli stocazzo provenienti da tutto il mondo. E vi dirò di più, sono anche diventata sfacciata. Faccio application per ONG internazionali, per ruoli per cui l’anno scorso avrei detto “figurati se aspettano a me”, per posizioni più senior. Perché anche se non sono stocazzo una cosa importante l’ho imparata: non si può mai sapere.

E non si applica solo alle condizioni climatiche di questo paese, ma a tutta la vita di questo paese. Ogni incontro va coltivato, ogni persona va ricordata, ogni numero di telefono va memorizzato.

Questo è un mercato che si basa sulla rete. Ma non quella del figlio di o del cugino di mio nonno che , qui ti presenti e dici cosa sai fare. E parli dei progetti realizzati, dei risultati raggiunti e non si può mai sapere. Una rete di relazioni che ancora non ho imparato a tessere ma che cerco di capire. Tra alti e bassi.

Marocco

Se penso che dopo un anno a Bruxelles, quando ci sono 16 gradi mi metto le mezze maniche, l’idea dei 50 gradi di questa estate in Marocco mi tramortisce.

Poveri noi.

Amici

Necessari come l’aria. Mi è bastato un weekend a Milano per ricaricare le batterie e riprendere fiato. Quella del Belgio è un’esperienza incredibile e abbiamo vita sociale anche qui. Ma quanto mi mancano quei coglionazzi dell’università, ancora non riesco a crederci. Anche se abbiamo solo parlato, mangiato e camminato, era proprio quello di cui avevo bisogno.

sviolinate romantiche e ritorni alla realtà

sono stati giorni pieni di viaggi e di esplorazioni. pieni di cibo, di alcool e di studio.

giorni in cui tra la solita ricerca del lavoro, le application e il corso di francese, ho avuto poco tempo per me e molto da dedicare alle cose che amo.

siamo stati a Norimberga, da una della poche amiche di infanzia che mantengo ben legata a me. faceva un freddo che mi sembrava di non sentire le ossa dei piedi, delle mani, della testa, ma abbiamo mangiato e bevuto e girato e parlato. e questo era il motivo principale per andare. e godere per lei della ritrovata vicinanza con il marito, finalmente trasferito anche lui, non può che rendermi felice.

e poi è toccato di nuovo a Parigi. e allora siamo stati travolti da pioggia e vento umido, ma abbiamo ritrovato la bellezza. quella bellezza totale che alcune città hanno insita, naturalmente, senza grandi sforzi. Perché è una grandeur imprescindibile. e siamo stati bene, in questo nuovo rito dell’anniversario a Parigi, come l’anno scorso e come vogliamo fare anche l’anno prossimo. farla diventare una tradizione per noi due soli. e l’anno scorso c’era la voglia di uscire, di spostarsi, il matrimonio da poco, il bisogno di pensare a una vita fuori Roma. stavolta c’era l’approfittarsi della centralità geografica della casa nuova, il bisogno di riempire le giornate perché senza lavoro hai dovuto inventarti mille cose, la voglia di ritagliare del tempo per noi.

e poi il Natale che arriva. con quell’arroganza del tempo che passa, che un minuto fa era estate ed era un continuo di foto di gambe vista spiaggia, cocktails incredibili e serate di sfascio. invece ora puff! è inverno. e noi ci siamo fatti prendere da quelle frenesia strana delle feste e allora abbiamo riempito la casa del Belgio di lucine e candele e uccelli ciccioni dell’ikea. abbiamo anche i nani barboni.

non ci facciamo mancare niente.

e ho visto SW VIII e JL e se volete parliamo di come fosse necessario il cinema per noi, per cui ci accolliamo anche le grandi saghe in lingua originale con sottotitoli contemporanei in francese e fiammingo e ci facciamo distrarre e poi non sento, e poi che succede, aspe’: che ha detto?

e l’amore. l’amore vince.

ma non solo quello che tra me e marito che ormai siamo come una vecchia coppia di pensionati.

l’amore degli amici ritrovati, quello degli amici mai persi, l’amore nelle cose, l’amore per la vita.

 

e io porcodue martedì ho l’esame di francese e invece di studiare sto qui scrivere cazzate sull’amore perché ho fame.

quindi vabbè ciao.

mangio.

Lisbona e la vera Pasteis

Lisbona è stata come una folata di vento caldo all’uscita da un supermercato con l’aria condizionata a palla.

Abbastanza per scaldarti, ma non così lunga da farti appiccicare i vestiti addosso.

Una parentesi romantica prima delle ferie vere.

Che io sia in ferie da quaranta giorni, e che in realtà era Tofu ad aver bisogno di una pausa, è solo una parte della storia.

Lisbona è una città vivace e in movimento, una città piena di cantieri, tra dieci anni potrebbe aver cambiato faccia completamente, o essere ancora più incasinata.

Lisbona mi ha ricordato Napoli, e questo mi ha scaldato il cuore.

Una città piena di suggestioni, più che una bella città, ma con un ritmo e una personalità ben definita.

Lisbona è viva.

Ho mangiato le vere pasteis e mi è sembrato che si aprisse una nuova dimensione. 

Lisbona è stata una folata matta di tre giorni, un weekend senza matrimoni (dall’estate del 2014 abbiamo fatto la bellezza di 14 matrimoni, altri due mancano all’appello per il 2017 e abbiamo già due Save the Date per il 2018 – quindi un weekend estivo senza matrimoni è un tema), e una pausa romantica dal laborioso Belgio in cui dormo ancora con il piumone perché qui l’estate non si è vista.

Tra una settimana inizieranno le due settimane di vacanze on the road tra l’Olanda e la Germania e per non farmi mancare niente, a fine ottobre vado in Corea del Sud.

Devo solo capire con i soldi di chi e poi non avrò più problemi.

Il cielo in una chiesa.

the blonde salad sarai te

è stato un trentesimo pieno di amore.

certo, negli stessi giorni del mio compleanno e della mia festa chiara ferragni impazzava sui social con feste vip, videomessaggi e richieste di matrimonio.

ma il mio è stato un trentesimo pieno d’amore.

da parte dei miei amici che hanno viaggiato anche di notte per festeggiarmi.

da parte della mia famiglia che ha fatto i bagagli ed è venuta a roma, anche per salutarmi, che è vero che bruxelles è dietro l’angolo, ma non è proprio la stessa cosa.

da parte dei miei colleghi di lavoro, una selezionatissima parte che è venuta a fare baldoria, e sono rimasti cazzeggioni.

da parte degli ex colleghi di lavoro del tofu, che si può dire, sono amici.

da parte del locale in cui abbiamo fatto una finta festa a sorpresa che faceva i cocktail più buoni del mondo.

da parte anche di quel megalomane di chef, a cui è bastata un’arruffianata per avere il menù di compleanno più buono dell’universo.

da parte di tofu che ha passato più ora sugli aerei che a terra ma non ha mai perso il sorriso e si è fatto carico, di una settimana di festeggiamenti che fedez in confronto è un pivello.

sono proprio una pasteis fortunata.

colonne sonore rilevantissime.

ora devo solo ricordare a me stessa: ma come cazzo mi è venuto in mente di ridurmi all’ultimo per il trasloco?

poi tutto andrà meglio.