follia, libreria e gabinetteria (la rima è importante)

una storia di follia.

se c’è una cosa che la vita matrimoniale mi ha insegnato, è che sono pazza.

cioè, una parte di me lo ha sempre saputo, ma da quando sono sposata, da quando siamo solo io e il povero fermentato al mio fianco, sostengo che questa parte di me sia esplosa in tutta la sua pazzesca vitalità.

il trasloco a casa non è ancora finito, ma abbiamo portato libri e fumetti della irpinia patria in quel di casa nuova.

e lì sono iniziati i problemi.

“non fare le pieghe”

“come li hai messi nello scatolone?”

“dove cazzo sta il numero 19? qui non si posa la serie in libreria fino a quando non esce il 19. non mi interessa se la serie è di 21. mi disturba la serie numerica se manca un numero. poi io passerò da qui e saprò che manca il 19.”

“no guarda, se non esce il numero VI dell’edizione speciale di Sandman faccio un casino! questa è un’edizione che non si trova più, ci credi che ci ho messo tre anni per reperire 8 numeri? e se lo ha preso mio fratello vado a torino e l’ammazzo, io lo ammazzo”

 


chiaramente sono venuti fuori tutti i numeri di tutte le cose che non trovavo. erano già a roma.


 

poi abbiamo iniziato a posizionarli, e anche qui uno show.

“no guarda questi non te li passo per metterli in libreria. sono numeri spuri, quindi non li mettiamo. sai quando mi prestavano una serie un po’ per volta, io avevo la rota di sapere cosa succedeva dopo e quindi mi compravo uno o due numeri della serie, perché magari non me l’avevano ancora dato.”

 


e io che non faccio le orecchie ai libri, non è che questi figli del peccato li ho regalati a qualcuno che magari fa queste serie. no, sono pazza. quindi li ho buttati. nessuno doveva vedere i numeri spuri.


 

ma non ho problemi solo i con libri e fumetti.

ultimamente ho problemi anche con i bagni condivisi in ufficio.

tipo che non uso mai il bagno più vicino alla porta, e nemmeno quello centrale. ho bisogno di quello più lontano dall’ingresso.

 

e metti che entro e non c’è la carta?

non lo uso.

e metti che entro e non c’è il sapone per lavarmi le mani dopo?

non lo uso.

e metti che entro e si sente il tipico odore di sosta lunga in bagno?

non lo uso. non vorrai mica che qualcuno poi entra dopo che l’ho usato, mi vede e pensa che la causa dell’odore sia io?

 

perché tutte queste verifiche vanno fatte prima di entrare, mica durante.

 

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poi dici perché mi viene la cistite.

 

 

 

ballare ballare ballare

 

 

 

cavalli, politica e libri

 

1 – il maneggio

ricordo perfettamente il pomeriggio in cui mia madre ci chiese se volevamo iniziare equitazione, ero in quarta elementare. a differenza di mio fratello, non sono mai stata una sportiva, anzi, gli sport mi fanno cagare (si può dire cagare?) e mi pesa il culo (si può dire culo?). i cavalli però mi piacevano.

mi piaceva anche sporcarmi di polvere, mi piaceva l’eleganza dei movimenti, mi piaceva il gruppo di ragazzini con cui facevamo lezione.

nel giro di tre anni erano cambiate molte cose e dopo un altro annetto a singhiozzo, smettemmo di frequentare il maneggio. ma i cavalli un po’ mi mancano.

la colonna sonora di quegli anni

quegli anni segnarono nuove conoscenze e l’intervento di una donna che diede un suggerimento a mia madre e io alle scuole medie finii in una sezione diversa da quella di tutti i miei compagni di prima.

ho avuto la fortuna di essere la star della scuola media: ero la prima della classe, mi permettevo confidenze con gli insegnanti, ero responsabile delle attività extrascolastiche e del ballo di terza, dirigevo il giornale e mi salutavo con il preside come se fossimo vecchi amici. e avevo solo 14 anni.

così piena di speranze e buone intenzioni mi hanno detto che potevo fare qualunque scuola e qualunque indirizzo, ma la professoressa di italiano, che era quella di cui mi fidavo di più, mi consigliò il classico.

fu un disastro: la lisa simpson che usciva dalle medie si era trasformata in una larva. tutte le mie frustrazioni e le mie minusvalie vengono da quei cinque anni, ma cazzo, finita quella scuola potevo fare tutto.

2- la sinistra giovanile

al liceo ero la diversa, ero nel gruppo dei freak e, a parte piccole eccezioni, odiavo i miei compagni di classe. ero brillante, ma ero polemica, mi piaceva studiare, ma non riuscivo a emergere. e per fare ancora di più il dito in culo (non mi ricordo cosa abbiamo deciso, si può dire culo?) ho iniziato a fare politica di sinistra in una scuola di destra.

la prima volta che sono stata ad una riunione del comitato studentesco, ho ricominciato a sentire la forza scorrere potente in me.

la prima volta che sono entrata nella sezione di avellino della sinistra giovanile, mi si è accesa la speranza.

mi sentivo in grado di cambiare le cose, mi piaceva lavorare dietro le quinte, mi piaceva questo gruppo di giovani (pochissimi in realtà) che dibattevano sui grandi temi e volevano cambiare il mondo dalla sezione provinciale.

ricordo il brivido dei gazebo, la battaglia per il referendum, il volantinaggio la domenica sera sotto la pioggia.

la politica attiva di quegli anni ha condizionato la fine del mio liceo, la fuga a roma e la scelta della facoltà e tutte le cose belle che mi ha portato la capitale.

lo so, guccini è banale se si parla di sinistra e rivoluzione.

3- la libreria tra le righe

nel 2010, la mia amica marta faceva un corso di teatro e grazie a lei iniziai a uscire con un gruppo variegato di persone (che in parte avevo conosciuto grazie a un altro amico ancora) e iniziai a frequentare i loro luoghi.

uno di questo era la piccola libreria bistrot nella zona dell’università.

la libreria è stato il punto focale degli ultimi 6 anni a roma.

c’era casa-università-lavoro-libreria.

e a volte solo casa e libreria.

grazie a una persona che ci lavorava, in libreria ho riscoperto una nuova me, ho letto cose che non credevo, ho dato feste a tema, ho conosciuto persone bellissime e anche il mio futuro marito.

e adesso che mi hanno portato via quel punto di riferimento, un po’ mi stanno sul cazzo, quelli che sono rimasti nella libreria.

ma avere in una città così grande, un riferimento per i libri di carta è una cosa importante e forse con il tempo potrei anche perdonarli.

 

LA libreria per bene #tralerighe

sono una persona molto metodica.
ho le mie sacrosante abitudini, e anche una certa maniacale ossessione per le stesse.
quando sono andata via dalla piovosa irpinia, cercavo una nuova casa, perché quella che lasciavo mi stava stretta, molto. il problema però, è che avevo numerose e psicolabili abitudini di acquisto.
da quando mi conosco io ho una libreria e una fumetteria.
il trauma principale dell’abbandono del nido è stato il cercare una libreria e una fumetteria nella capitale.
mica potevo andare alla feltrinelli o alla mondadori? nono. quelli sono supermercati e i commessi sanno solo dirti dove puoi trovare i libri, non li hanno letti davvero.
e poi sono pure una iper critica, se vuoi consigliarmi qualcosa e poi non mi piace, ti rompo le balle e ti metto nella lista dell’odio. non è tanto facile vendermi un libro. la vivo molto sul personale.

con la fumetteria, dopo otto anni non ho ancora risolto, per cui continuo a comprare fumetti quando sono dai miei. ma la libreria è arrivata una primavera del 2011 all’improvviso.
la libreria tra le righe, sita a viale gorizia, è il mio angolo di paradiso. ci sono entrata con degli amici, assidui frequentatori e vi ho scoperto un mondo. i gestori sapevano sempre cosa dirti e con cognizione, leggevano i libri e anche un po’ la tua anima, e sempre sempre hanno consigliato il giusto. e io, che ero (solo al passato?) paranoica e matta, per mesi ho studiato il posto senza comprarci libri, limitandomi ai caffè e alle tisane. si, perché in questo meraviglioso angolo di paradiso, davanti c’è la libreria e dietro il bistrò.
e quando alla fine mi sono decisa, e ho detto al libraio: mi consigli dei libri, le mie tasche erano più leggere, ma sono tornata a casa con una decina di storie che non conoscevo e che hanno rapito una parte di me.

e da allora è stato sempre così.
ho iniziato a frequentare la libreria per gli eventi, i compleanni, le serate a tema e per continuare a comprare decine di altri libri. la libreria negli anni è diventato un posto di ritrovo per i vecchi amici e il mezzo per scoprirne di nuovi. la libraia è dolce, il libraio è un punto di riferimento e una brava persona, ed è lui che mi ha chiamata signorina pasteis per la prima volta. e da allora è rimasto così.
poi una sera di ottobre dell’anno scorso, nella libreria mi sono pure innamorata.
e si sa come vanno queste cose, c’è sempre una storia di mezzo da raccontare.

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