le dita non saranno mai per bene

al mondo esistono sfumature diverse di umanità, nessuno è uguale all’altro.

io per esempio sono una di quelle persone che si tira le pellicine delle dita con i denti, fino a staccarle. non mi fermo mai, nemmeno davanti al sangue. la pellicina mi disturba è nemica di quella visione di precisione e controllo che voglio ci sia nella mia vita.

la pellicina è il caos, e io voglio l’ordine.

allora succede che si capisce subito quando affronto i periodi di stress.

basta guardare l’estremità delle dita: crosticine, segni rossi, cerotti.

non mi fermai nemmeno dopo la prima infezione. il dito si riempì di pus. ripromisi a me stessa che non l’avrei più fatto, invece è più forte di me.

certo, è la versione economica del tabagismo.

se avessi fumato le sigarette avrei meno soldi di adesso e le dita più gialle.

io invece sto sempre con le dita in bocca, come un ritorno al passato, come il pollice da succhiare o la coperta di linus.

e quando le dita si gonfiano per il caldo o per la bici che le strofino ancora di più.

ho messo un anello con i fiori all’anulare destro. sono un ciliegio e un gerbera, i fiori semplici dei bambini, ma non faccio che spostarlo da un dito all’altro. le dita si gonfiano e si sgonfiano, gli anelli scivolano via e io ho paura di perderli.

e mi lavo le mani sempre. prima del bagno, dopo il bagno, prima di mangiare, dopo mangiato, mentre cucino, mentre metto in ordine, e ogni due ore quando sono al lavoro. un continuo ripulire la pelle e la coscienza. forse mi sento in colpa per qualcosa con tutto questo lavare via.

non è una questione di igiene. è una questione di sensazioni sulle mani. mi piacciono l’acqua e il sapone sulla pelle.

adesso sento le mani grasse per il ticchettio sulla tastiera consumata, ma non posso lavarle subito. ho messo un cerotto per una pellicina strappata via. la macchia di sangue diventa sempre più grande.

ha ragione mia madre, non imparo mai.